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Il coraggio di essere se stessi

 Chi sono io (consulente) per te (cliente)?

Se la domanda di consulenza finanziaria non c’è o non è molto diffusa; se per consulenza si intende un consiglio gratuito, informale, sussurrato, una “dritta”; se in finanza crediamo davvero che si possa affermare tutto e il contrario di tutto, perché tanto, poi, con il senno di poi, avremo tutti torto e tutti ragione; se il consulente ha paura di dire al cliente che la consulenza vale, dunque costa e che più vale più costa …

Mio figlio ieri sera mi ha fatto una semplice domanda: “tu dici che devo avere un consulente, tu mi dici che il consulente costa ma fornisce valore, perché allora il consulente non si fa pagare a risultato raggiunto?”.

Ecco: l’investitore non attribuisce valore ex ante al consulente; solo ex post può, se ha successo, meritare di essere pagato. Questo significa, è chiaro, che la professione di consulente non può esistere, mentre esiste tranquillamente quella di commercialista o di avvocato. E allora occorre trovare un “trucco” per sopravvivere. Dannazione! Perché?

L’industria della finanza deve trovare una via per generare valore e far percepire valore.

I temi sono dunque due: generare valore, far percepire valore.

L’altro giorno ho detto al mio dentista che avevo sensibilità ai denti e che avevo comprato il Curasept Sensitivity. L’ho detto con orgoglio, sperando mi dicesse “è un ottimo prodotto, bravo”. E invece mi ha gelato con un bonario, rilassato, per nulla imbarazzato, “non lo conosco”. Senza allarmismi, senza fornirmi un “invece prova questo”. Ha solo detto, “devo provarlo”. Già, ho pensato, è un consulente, mica un venditore di dentifrici. Dimenticavo, mi ha detto anche che ho fatto bene. E poi, ecco la consulenza: “mi raccomando, alternalo a quello normale”. Grande, ho pensato: un consulente ti dona sempre una perla di saggezza. Io so come si fa e te lo dico.

 

F1) Ecco la consulenza…

L’altro giorno ho detto al mio dentista che avevo sensibilità ai denti e che avevo comprato il Curasept Sensitivity. L’ho detto sperando mi dicesse “è un ottimo prodotto, bravo”.
E invece mi ha gelato con un bonario, rilassato, per nulla imbarazzato, “non lo conosco”.
“Mi raccomando, alternalo a quello normale”. Grande, ho pensato: un consulente ti dona sempre una perla di saggezza
Fonte: Farmasi.it

 

E, mi raccomando …

Sono tornato in palestra dopo qualche tempo di assenza. Mi conosco, se non prendo un impegno con un personal trainer, non ci vado. E allora scelgo, onestamente a caso, un nome tra quelli in bacheca e vado a trovarlo, dicendo: “ho bisogno di un personal trainer”. Mi domanda perché ho scelto proprio lui … gli rispondo (mentendo) “perché hai un ottimo curriculum”. In realtà non l’avevo letto, però avevo notato che era più lungo di quello degli altri. “E non ci ho messo tutto!”, mi dice orgoglioso.

“Perché vieni in palestra?”, mi chiede. “Sai che prima di iniziare bisogna darsi degli obiettivi? Quante volte la settimana pensi di riuscire a venire?”. Gli ho raccontato del mio lavoro, della mia caduta in moto, dei miei menischi… Lavoreremo sulla mobilità delle spalle, sulla schiena, sulle ginocchia, con l’obiettivo generico di star bene e con dei sotto-obiettivi ben individuati. Starò meglio, se riuscirò ad essere costante. Intanto ho ricevuto una serie di esercizi da fare a casa e da svolgere in palestra da solo, quando lui non sarà al mio fianco. Ovviamente, manco a dirlo, sono esercizi completamente diversi da quelli che faremo insieme.

F2) Il personal trainer


“Perché vieni in palestra?”, mi chiede. “Sai che prima di iniziare bisogna darsi degli obiettivi?”.
Fonte: Fitonclick.com

 

F3) Un settore che ha perso la fiducia

Secondo uno studio di Deloitte, il settore finanziario è quello verso il quale gli individui hanno meno fiducia.
Fonte: Deloitte

 

Gli ho detto che due anni fa avevo un altro Personal, che lui conosce e che non lavora più nella mia palestra. Mi ha detto prontamente: “io sono un po’ più caro”. E mi ha dato l’IBAN. Pagamento anticipato, è ovvio. Grande, ho pensato: con quel curriculum puoi chiedere quello che vuoi!

Che cosa mi hanno insegnato le due banali esperienze che ho raccontato?

Dammi tre parole: ruolo, fiducia, soluzioni.

Ruolo chiaro: dentista, colui che devo ascoltare quando ho un problema con i denti. Se mi fanno male i denti e incontro l’igienista nello studio dentistico dico: “Buongiorno, come sta? Dov’è il Dottore?”. Nessuna confusione di ruoli.

Fiducia: credo che il mio dentista sia capace di orientarmi nella giusta direzione, mi dice quello che è necessario dirmi, fa quello che è necessario fare, non fa quello che non ritiene utile per me.

Soluzioni: quello che mi suggerisce, quello che fa, è utile per me. Io vado con “problemi” e lui trova per me le soluzioni.

Partiamo dalle soluzioni. Nel nostro mondo possiamo chiamarli “prodotti”, portafogli, gestioni. La soluzione è l’atto finale di una complessa analisi e si traduce in una decisione di investimento.

Ex ante, la soluzione è davvero una soluzione? Abbiamo dei dubbi? I nostri prodotti sono LE soluzioni o rappresentano altro? I nostri portafogli, le nostre asset allocation funzionano o no?

Product Governance. Certo, occorre rispondere in modo assolutamente positivo a questa domanda. Dobbiamo dimostrare che le soluzioni di investimento proposte sono pensate e realizzate con un unico obiettivo nella mente: l’interesse del cliente. Anzi, occorre essere precisi, l’interesse della tipologia di cliente per il quale i prodotti sono creati. Ex ante! Dobbiamo dimostrare ex ante che il prodotto funzionerà. Dobbiamo dire per chi è pensato, quali sono i clienti che ne trarranno un vantaggio.

Bisogna applicare, finalizzare l’intelligenza produttiva e distributiva verso un obiettivo prioritario: l’interesse della clientela servita. In sintesi: generazione di valore per il cliente finale. I produttori devono pensare ai prodotti avendo come priorità l’interesse del cliente servito, il target market teorico (quello pensato dal produttore).

I distributori devono distribuire i prodotti pensando al target market reale, che parte da quello teorico, lo verifica, lo realizza. Il distributore ha un ruolo attivo nella generazione ex ante di valore.

Il concetto chiave è dunque quello di target market. La Product governance ruota attorno a questo concetto e da questo concetto occorre che l’industria parta e dimostri di essere partita.

Questo prodotto va bene per tutti? Occorre dimostrarlo.

Forse è più facile identificare il mercato di riferimento negativo piuttosto che il mercato di riferimento positivo. Anzi, nell’interesse del cliente, bisogna partire proprio da questo: il mercato di riferimento negativo. Chi NON DEVE acquistare questo prodotto?

Gli orientamenti ESMA in proposito[1] vogliono dare estrema concretezza a questi principi. Nel definire il target market (positivo e negativo) occorre considerare:

  • conoscenza ed esperienza del cliente;
  • situazione finanziaria con attenzione rivolta alla capacità di sostenere le perdite;
  • tolleranza al rischio e compatibilità del profilo di rischio/rendimento del prodotto rispetto al mercato di riferimento;
  • esigenze e obiettivi dei clienti.

Ad esempio, con riferimento a quest’ultimo punto, “l’impresa dovrebbe precisare gli obiettivi di investimento e le esigenze dei clienti di riferimento per i quali un prodotto è concepito, ivi compresi gli obiettivi finanziari più ampi dei clienti di riferimento o la strategia generale da essi seguita al momento di investire. Ad esempio, sarebbe possibile fare riferimento all’orizzonte di investimento previsto (numero di anni previsto di mantenimento dell’investimento). Tali obiettivi possono essere «affinati con precisione» specificando gli aspetti particolari dell’investimento e le attese dei clienti di riferimento”.

Gli orientamenti ESMA in materia di Product Governance prevedono anche l’attività di consulenza, attribuendo al consulente un ruolo importante: “quando viene fornita consulenza in materia di investimenti che adotta un approccio di portafoglio e una gestione del portafoglio al cliente, il distributore può utilizzare i prodotti ai fini della diversificazione e della copertura. In tale contesto, i prodotti possono essere venduti al di fuori del mercato di riferimento dei prodotti, qualora il portafoglio nel complesso o la combinazione di uno strumento finanziario con la propria copertura sia idoneo/a per il cliente”. Un consulente può utilizzare i prodotti che vuole, valutando se nel complesso il portafoglio costituisce una soluzione adeguata.

Fiducia. Si fa presto a dire fiducia. I vostri clienti hanno fiducia dei consulenti finanziari in quanto espressione dell’industria della gestione del risparmio o in quanto persone affidabili? In altri termini, si fidano del consulente nonostante le “banche” o grazie alle “banche”?

Secondo uno studio di Deloitte, il settore finanziario è quello verso il quale gli individui hanno meno fiducia e sono 5 anni (al 2016, onestamente non so che cosa sia accaduto dopo) che mantengono questa non invidiabile posizione.

 

F4) Se la consulenza finanziaria vale, diciamolo forte

Il consulente deve avere il coraggio di essere se stesso, affermando, semplicemente, il proprio ruolo.
Fonte: Snoopymania

 

F5) 9 settimane e mezzo

Se il costo è nudo, il valore deve essere svelato.
Fonte: iodonna.it

Lo studio (2017) si intitola “Manging Conduct Risk. Addressing Drivers Restoring Trust”. Come si può riconquistare la fiducia nell’industria del risparmio? Uno dei punti è agire sulla governance dei prodotti affinché essi incorporino gli interessi dei clienti.

Il consulente è fondamentale per la riconquista della fiducia dell’investitore nell’industria della gestione del risparmio. Non può agire da solo e deve essere coerente. Deve crederci.

È anche un problema di ruolo. Conoscenze e competenze sono da spingere al massimo. Un dominio dei mercati e dei prodotti che consente al consulente di orientare il cliente verso le soluzioni corrette, senza incertezze.

Se un consulente è un consulente, è affidabile al 100%. Come si riconosce un buon consulente? Abbaia. Quindi se miagola, nitrisce, cinguetta, grugnisce non è un consulente? Esatto!

Il consulente:

  • ci chiede sempre di identificare gli obiettivi del nostro risparmio accumulato o in accumulazione per condividerne l’orizzonte temporale;
  • ci ricorda che la protezione del capitale deve essere coniugata con la sua crescita nel tempo. Non sono obiettivi alternativi, vanno raggiunti entrambi;
  • odia la concentrazione del portafoglio, ama la diversificazione;
  • ci aiuta a trovare il giusto compromesso tra il prezzo e il valore;
  • sa sempre, in ogni circostanza di mercato, proporci la giusta soluzione di investimento, coerente con il raggiungimento dei nostri obiettivi;
  • ci spinge, gentilmente ma con fermezza, verso i comportamenti corretti, vera tutela nel tempo del valore della nostra ricchezza.

Sembrano cose banali? Davvero? Ottimo, allora coraggio: basta essere se stessi, fino in fondo. Il consulente deve avere il coraggio di essere se stesso, affermando, semplicemente, il proprio ruolo.

Se la consulenza finanziaria vale, se c’è valore nell’industria della gestione del risparmio, diciamolo forte.

Lo sappiamo, il valore è la sostanza. Ma deve essere percepito dal cliente.

Il costo è nudo dicevamo in un precedente numero di INVESTORS’[2]. Lo dice MiFID2.

E il valore? Ricordate 9 settimane e mezzo?

Se il costo è nudo, il valore deve essere svelato. Musica di Joe Cocker a palla e un seduttivo spogliarello. Il cliente apprezzerà[3]. Ricordatevi di non togliere il cappello… è una questione di ruolo.

[1] 05/02/2018 | ESMA35-43-620 IT

[2] INVESTORS’ 5/2018

[3] https://www.youtube.com/watch?v=VXjDniJTvwk  

                                                                                                                         Ruggero Bertelli

Professore Associato di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università di Siena, dove insegna Tecnica Bancaria e Gestione del Rischio di Credito. Responsabile della Hedge Fund & Alternative Investment
Strategy Research Unit. Responsabile scientifico di eXponential srl, società di consulenza e formazione. Vice–Presidente di Prader Bank. Membro del comitato consultivo del fondo chiuso Euregio minibond di PensPlan Invest SGR. Advisor di Target Strategy, di Diaman SICAV. Svolge attività di consulenza per banche, società di gestione del risparmio e casse pensionistiche. bertelli@exponential.it

(Articolo pubblicato nel numero 01/2019 di INVESTORS’ Magazine)

 

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