HomePunto di VistaPesa più un chilo di parole o un chilo di numeri?

Pesa più un chilo di parole o un chilo di numeri?

La trovate una domanda bislacca?
Del resto un chilo è un chilo.
O forse no?

Qualcuno si ricorderà quando da bambini si poneva a qualche malcapitato la domanda:

Pesa più un chilo di ferro o un chilo di piume?

La risposta più gettonata era il chilo di ferro perché fino ad una certa età i numeri vengono percepiti come astratti ed è più facile immaginare la pesantezza del ferro rispetto alla leggerezza delle piume.

Crescendo il nostro cervello non migliora e continua a cadere nei tranelli
Purtroppo crescendo il nostro cervello non migliora e continua a cadere nei tranelli.

In un settore come quello finanziario caratterizzato dall’incertezza dei risultati diventa naturale fare delle previsioni e calcolare le probabilità che un determinato evento si verifichi o meno.

Tuttavia le persone utilizzano spesso parole imprecise per descrivere tale possibilità, parole che possono avere interpretazioni molto diverse.

Questo è un problema non banale, soprattutto nel mondo di oggi in cui le informazioni (e le parole) abbondano e sulle quali dobbiamo basarci per prendere le nostre decisioni di investimento.

Purtroppo, dopo aver raccolto le informazioni dalle fonti ritenute “affidabili” (blog, giornali, consulenti, analisti, eccetera), dobbiamo fare i conti con l’incapacità umana di maneggiare le probabilità e la tendenza a voler scovare modelli di casualità anche dove non sono presenti.

Solitamente gli esperti (analisti, gestori, consulenti) per poter esprimere una determinata probabilità che un evento si possa verificare preferiscono non utilizzare numeri, ma parole (certo, probabile, impossibile, eccetera).

T1) Previsioni del comportamento

Il cervello dell’individuo reagisce in maniera diversa a seconda che la probabilità sia comunicata in forma numerica o verbale.
Fonte: elaborazione dell’autore

Figura 1) Le previsioni estreme

Le previsioni diventano più estreme quando le probabilità vengono comunicate con le parole. Fonte: Studio Mislavsky-Gaertig

Si tratta di termini vaghi che lasciano all’interlocutore ampi spazi di interpretazione.

L’utilizzo di parole ambigue è dovuto a diversi motivi tra i quali:

  • il desiderio da parte dell’oratore/scrittore di minimizzare il rischio di sbagliarsi e lasciare al destinatario la libertà di interpretare il messaggio in base alle proprie aspettative/preconcetti. In caso di un’errata previsione il primo potrà difendersi affermando di aver detto che “probabilmente sarebbe accaduto…” o che l’interlocutore aveva mal interpretato il messaggio;
  • la poca famigliarità sulle modalità con cui stimare le probabilità (che porta a sovrastimare la capacità prevedere gli eventi) e di interpretarle.

Ne deriva che esprimere una probabilità tramite l’uso di parole o di numeri non produce il medesimo risultato.

T2) Relazione tra parole e probabilità

Elaborazione Risparmioamico.it su dati raccolti dal prof. Sherman Kent.
Fonte: RisparMIOamico.it

Per comprendere come la mente umana elabora le probabilità R. Mislavsky e C. Gaertig hanno condotto una serie di esperimenti da cui è emerso che le persone che devono cimentarsi con le probabilità comunicate sottoforma di numeri le elaborano in modo diverso rispetto alle persone a cui esse vengono comunicate con le parole.

Per esempio, nella situazione in cui l’individuo riceve da due fonti una previsione numerica sulla probabilità che un certo evento si possa verificare (per esempio al 60% ed al 70%) egli tenderà ad aggregare le informazioni calcolandone la media (in questo caso il 65%).

Quando però la probabilità gli viene comunicata con le parole, anziché numeri, il comportamento è diverso.

Di fronte a due previsioni che ritengono “probabile” l’evento (che come vedremo più avanti corrisponde a circa il 70% di probabilità) la sua reazione sarà quella di considerarlo “molto probabile” come se stesse eseguendo la “somma” delle due (vedi tabella 1).

Ciò può aumentare la propensione ad agire.

Ma è possibile misurare il peso delle parole?

Nella figura 1 è visibile il risultato della ricerca di Mislavsky e Gaertig. Da esso emerge che quando alle persone vengono esposte le probabilità in parole aumenta la loro percezione che l’evento si verificherà.

Le previsioni estreme (eccessiva fiducia) raddoppiano nel caso che l’input provenga da una sola fonte e triplicano nel caso di due fonti.

È evidente che in una società in cui l’individuo viene quotidianamente “bombardato” di informazioni e previsioni l’effetto si amplifica a dismisura.

Figura 2) Stime Mauboussin

Relazioni parole e probabilità. Risultato studio Andrew e Michael J. Mauboussin.
Fonte: Andrew e Michael J. Mauboussin

Come agire per minimizzare tale distorsione comportamentale?
Il primo passo è quello di prenderne atto e cioè ricordarsi che “un chilo di parole ha lo stesso peso di un chilo di numeri”.

Una volta individuate le fonti “affidabili” è necessario gestire le informazioni/previsioni in base alla forma in cui ci vengono sottoposte: se numeriche (situazione rara) si dovrà farne la media (magari escludendo i valori palesemente estremi), se verbali si dovrà prima convertire le parole in numeri/percentuali e successivamente farne la media come indicato nel punto precedente.

Tuttavia, associare alle parole una probabilità numerica non è semplice.

Fortunatamente per noi qualcuno ha già svolto tale lavoro.

Negli anni ‘50 Sherman Kent (professore di storia a Yale) fu chiamato dalla CIA per creare il dipartimento Office of National Estimates (ONE) il cui mandato era quello di estrapolare dai rapporti di intelligence le probabilità che un evento (attacco, guerra, colpo di Stato, eccetera) potesse verificarsi.

Per farlo decise di mappare la relazione tra parole e probabilità (tramite una serie di sondaggi) ottenendo i risultati presenti nella tabella 1.

Gli studi del professor Kent furono successivamente approfonditi da altri studiosi tra cui Andrew e Michael J. Mauboussin che estesero il numero di parole oggetto dell’analisi (figura 2), mettendo anche in risalto la maggior predisposizione delle donne ad utilizzare parole “incerte” ed a sovrastimarne le probabilità associate (figura 3).

Figura 3) Diversa interpretazione tra uomini e donne

Studio di Andrew e Michael J. Mauboussin.
Fonte: Andrew e Michael J. Mauboussin

Conclusioni
Quanto emerso da tali studi rappresenta un valido strumento per:

– il consulente per comprendere che è necessario elaborare le previsioni in formato numerico prima di trasferirle al cliente affinché possa prendere le corrette decisioni di investimento;

– per l’investitore che, dovendosi relazionare con consulenti, analisti, gestori ed opinionisti, deve evitare di cadere nell’errore di “sommare” le previsioni e quindi sovrastimarle. La soluzione sarebbe quella di trovare fonti che propongano probabilità espresse in numeri o affidarsi a qualcuno in grado di elaborarle.

Come sottolineato più volte negli articoli pubblicati sulla rivista il viatico per la costruzione di un efficace progetto finanziario non può prescindere dalla conoscenza delle caratteristiche degli strumenti finanziari, del funzionamento dei mercati e dei meccanismi del cervello che si attivano quanto si tratta di dover investire il proprio denaro.

In sintesi da un’educazione finanziaria di base che consenta di rispondere ad alcune domande tra cui “Pesa di più un chilo di parole o un chilo di numeri?”.

E voi cosa avreste risposto?

(articolo pubblicato nel numero 1/2020 Investors’ Magazine)

 

Pizzini Mauro
Da circa 20 anni si occupa in una banca locale del nord Italia di pianificazione finanziaria, previdenziale e successoria. Certificato EFA e EFP è stato premiato ai Pfawards 2016 come Top Specialist per le competenze dimostrate in materia di consulenza a 360°. Collabora con il blog finanziario RisparMIOamico.it ed è un educatore finanziario certificato Aief (Associazione Italiana Educatori Finanziari).
mauro.pizzini@gmail.com

 

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